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Maxi Risarcimento – muore a 64 anni dopo intervento all’anca
Un maxi risarcimento da 588mila euro a carico delle due strutture sanitarie e delle assicurazioni dei due chirurghi ortopedici, la vittima una donna 64enne. Fatale è stato un errore farmacologico commesso durante un intervento effettuato in una clinica d’eccellenza a Siena.
Questa volta il caso di malasanità è avvenuto a Siena, il tribunale ha condannato due importanti strutture ospedaliere di Siena e Roma a un maxi risarcimento dovuto alla morte, avvenuta nel 2014, di una donna di 64 anni ricoverata per una protesi all’anca, che è stata vittima di una catena di errori terapeutici e chirurgici.
Il Tribunale di Siena ha deliberato un risarcimento, inclusi interessi e spese, di 588mila euro a carico delle due strutture sanitarie e delle assicurazioni dei due chirurghi ortopedici.
Il caso di malasanità e il Maxi Risarcimento
La donna aveva iniziato il suo iter clinico già nel 2013, presso una struttura privata di Siena, si sarebbe dovuta sottoporre ad un intervento chirurgico di protesi d’anca. A causa dell’errata somministrazione di un farmaco, però, sono sopraggiunte complicazioni post operatorie, aggravate inoltre dalle condizioni della paziente. Da qui il ricovero in un’altra struttura, sempre del gruppo a Roma, dove si scoprì la presenza di un’infezione.
Dopo alcuni mesi la donna morì. La vicenda pone ancora una volta l’attenzione sulle infezioni ospedaliere, nelle quali l’Italia è fanalino di coda in Europa.
“Dopo l’intervento è stato commesso un errore farmacologico”
evidenzia l’avvocato della famiglia, ai microfoni di Siena Tv che la signora aveva un’intolleranza all’eparina, che sarebbe lo stesso anticoagulante utilizzato nella profilassi anti trombo-embolica. Per questo fu usato un altro farmaco, praticato con una posologia diversa, doveva essere somministrato all’esito dell’intervento e non prima di 6 ore. Questo fu l’errore farmacologico che ha determinato una cascata di conseguenze negative, a partire da un eccessivo sanguinamento del sito operatorio, il campo visivo non era libero, e si sono sommate delle infezioni ospedaliere collegate a quest’errore terapeutico.
Prosegue quindi il legale:
“La storia clinica della paziente è stata segnata da un fattore eziopatogenetico fondamentale di natura iatrogena: il sanguinamento eccessivo del sito chirurgico, determinato da un errore terapeutico nella somministrazione della profilassi antitromboembolica. Questo ha dato il via ad una cascata di eventi avversi via via più gravi, che non sono stati fronteggiati con la dovuta prontezza ed hanno infine portato al decesso della donna, matura ma non anziana. Si è trattato di una serie di criticità che, come spesso accade in materia di malpractice medica, hanno sì preso abbrivio da una défaillance individuale, ma a un certo punto sono divenute inarrestabili perché le misure di sicurezza dei due ospedali privati – pur obiettivamente di eccellenza – non sono state in grado di individuarle e neutralizzarle per tempo. Il fattore organizzativo, infatti, è imprescindibile per garantire la sicurezza delle cure, come peraltro sta dimostrando anche la drammatica esperienza della pandemia. Per questa ragione l’onere risarcitorio è stato posto a carico, in pari quota, sia delle strutture sanitarie sia delle assicurazioni dei chirurghi ortopedici che avevano effettuato l’intervento”
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