Storie di Malasanità
Errore di intervento chirurgico: uomo in terapia intensiva
Un medico irpino è stato condannato a risarcire il signor Franco Vecchione in seguito ad un errore di intervento chirurgico, che ha costretto il paziente a 45 giorni di terapia intensiva. Sono passati ormai 6 anni dall’accaduto, ma finalmente il paziente è riuscito ad ottenere giustizia per l’ennesimo errore medico.
Danneggiati polmoni ed esofago
I fatti risalgono al marzo del 2015, quando il signor Vecchione è stato sottoposto ad un primo intervento di artroprotesi alla spalla (protesi completa) presso l’Ospedale “Landolfi” di Solofra. Il paziente è stato poi richiamato in ospedale, nel giugno dello stesso anno, per un secondo intervento, connesso al primo, consistente nella rimozione dei fili di Kirschner.
Il dottore che lo operò, all’epoca dirigente medico presso il reparto di ortopedia dell’ospedale di cui sopra, fu in questo momento che compromise pericolosamente la salute del paziente: i fili di Kirschner che andrebbero rimossi con una procedura di sfilamento, furono invece erroneamente recisi, arrivando a un centimetro dalla vena succlavia, continuazione prossimale della vena ascellare, provocando danni gravi sia ai polmoni che all’esofago. Il signor Vecchione fu a questo punto salvato solo grazie all’intervento effettuato in chirurgia di urgenza da un altro medico chirurgo, presso l’Ospedale “Moscati” di Avellino, presso il quale rimase poi per 45 giorni in terapia intensiva a lottare tra la vita e la morte.
L’attesa della sentenza
In attesa della sentenza civile, prevista per il prossimo 29 ottobre, il medico, ai sensi dell’art. 590 del codice penale, comma 2 e 3, è stato condannato alla “pena di € 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali”, nonché “a risarcire alla parte civile Vecchione Franco il danno da liquidare in separata sede e a rimborsare alla stessa le spese di costituzione assistenza e rappresentanza che si liquidano in complessivi € 1.800,00”, secondo quanto si apprende dal dispositivo emesso dal giudice Argenio.
Dati su errori chirugici in Italia
Gli errori medici in Italia avvengono in tutti i reparti purtroppo ma in base ai dati raccolti, i reparti dove si sono verificati più sinistri sono ortopedia e traumatologia (20,3%), chirurgia generale (12,9%), nei pronto soccorso (12,6%) e in ostetricia e ginecologia (10,9%); naturalmente questo non significa che ci sia un maggiore rischio per il paziente in questi reparti, però è evidente che molti errori da parte di medici o personale sanitario avvengono con una frequenza preoccupante in certi ambiti e non in altri.
Nello specifico gli errori chirurgici più comuni sono quelli relativi a interventi chirurgici eseguiti male (38,4% dei casi), diagnosi non corrette che portano un danno al paziente (20,7% dei casi), terapie sbagliate (10,8%) e infezioni che si verificano negli ospedali o al pronto soccorso (6,7%).
Uno degli aspetti più tragici della malasanità è senz’altro quello del decesso causato da un’inadempienza o da un errore di medici o personale sanitario. Per questo è stato calcolato il tasso di mortalità evitabile, cioè il numero di decessi che potevano essere impediti con cure appropriate. In questo c’è molta differenza fra le regioni, con il Trentino che spicca come area in cui questo valore è più basso (50,81 su 100.000 abitanti) e la Campania che purtroppo ha il primato del valore più alto (89,93). Alla luce di questi dati anche in Italia sono state promosse in questi ultimi due anni varie iniziative per il livello delle cure e messi a punto sistemi di gestione del rischio sanitario.
Oltre ai danni personali sui cittadini, questi errori medici hanno anche un elevato costo in termini economici per i quali non sono disponibili al momento dati precisi e affidabili ma ha sicuramente un peso il fatto che i premi assicurativi stanno progressivamente aumentando e i medici tendono sempre di più ad integrare l’assicurazione della struttura sanitaria in cui operano con altre personali.
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