Storie di Malasanità
Condanna per malasanità – vittima una giovane mamma
Si è concluso con una condanna per malasanità il caso di una giovane mamma deceduta per la somministrazione eccessiva di un farmaco.
La corte d’appello, sezione seconda, presidente Fabio Marino, ha deciso le pene per la morte di Valeria Lembo, la mamma morta a 34 anni a Palermo, nel 2011, per una dose eccessiva di farmaco chemioterapico.
La storia di Valeria – vittima di malasanità
Nel dicembre del 2011, Valeria Lembo si era sottoposta al Policlinico di Palermo, ad un ciclo di chemioterapia per contrastare un linfoma di Hodgkin. Per una catena di errori tra primari, medici, specializzandi ed infermieri, la cura si trasformò in un veleno letale: quell’overdose di vinblastina in pochi giorni la stroncò. Già il pomeriggio dopo aver fatto il ciclo di chemioterapia, la giovane mamma iniziò a sentirsi male, tanto che fu ricoverata al Buccheri La Ferla. Dal Policlinico qualcuno chiamò la famiglia per avere notizie della paziente, che poi fu trasferita proprio in quella struttura sanitaria. Come hanno raccontato i genitori di Valeria Lembo, i medici dissero loro che la figlia aveva un’indigestione. In realtà sarebbero stati perfettamente consapevoli dell’errore commesso e stavano già cercando (inutilmente) un possibile antidoto.
Il 29 dicembre Valeria Lembo morì in ospedale. La sua famiglia denunciò subito l’accaduto, anche attraverso la stampa, e la Procura aprì un’inchiesta. Il 14 settembre del 2015 il giudice monocratico Claudia Rosini aveva poi emesso una sentenza durissima per l’omicidio colposo, con pene più alte rispetto a quelle richieste dalla stessa Procura.
La sentenza definitiva
La corte ha deciso per l’ex primario Sergio Palmeri una condanna a 3 anni per omicidio colposo e 3 anni di interdizione. Ha rimodulato le pene per l’oncologa Laura Di Noto e l’allora specializzando Alberto Bongiovanni: 2 anni per l’omicidio colposo e 3 mesi per il falso ideologico alla Di Noto; 3 anni per la morte di Valeria Lembo e 5 mesi per la falsificazione della cartella a Bongiovanni. Tre e due gli anni di interdizione dalla professione per la Di Noto e per Bongiovanni.
Per l’infermiera Clotilde Guarnaccia è arrivata l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Alla donna, che era diventata mamma da sette mesi e colpita da un tumore alla spalla, il linfoma di Hodgkin, furono iniettati 90 milligrammi di medicinale anziché 9: una dose dieci volte superiore a quella necessaria a causa di un errore di trascrizione nella prescrizione interna.
Il medico Alberto Bongiovanni cancellò dalla cartella lo zero che aveva condannato a morte la povera Valeria Lembo che, quel giorno, il 7 dicembre 2011 era alla sua ultima seduta di chemioterapia perché il tumore di Hodgkin si era notevolmente ridotto. La donna morì il 29 dicembre tra dolori atroci e iniziò sin da subito un vergognoso rimpallo di responsabilità.
Valeria fu vittima di un “errore medico madornale, un assassinio”, come lo definì il giudice di primo grado: le fu somministrata, infatti, una dose dieci volte superiore di vinblastina, un farmaco chemioterapico, perché nella sua cartella era stato scritto “90” milligrammi, anziché 9.
Errori di somministrazione in Italia
Da uno studio riportato su Evidence, il giornale open access della Fondazione Gimbe, risulta che le percezioni degli infermieri sugli errori di terapia sono controverse e non soddisfano i criteri di sicurezza nella gestione del rischio clinico. Lo studio suggerisce la necessità di avviare programmi educativi per promuovere un’adeguata conoscenza degli errori di terapia e degli strumenti di prevenzione al fine di migliorare la sicurezza dei pazienti.
Infatti dai dati raccolti risulta che nei primi due scenari testati la maggioranza degli infermieri ritiene di segnalare l’errore ai medici (72% e 77,3%) e di attivare l’incident reporting (66,7% e 68%), ma non riconosce l’evento come un errore di terapia (29,3% e 45,3%). Nel quinto scenario l’errore di sovradosaggio è riconosciuto (50,66%) e segnalato ai medici (84%), ma la maggior parte degli intervistati (56%) non riconosce la necessità dell’incident reporting. Nel sesto scenario, l’errore di omissione è riconosciuto solo dal 22,7% dei partecipanti, ma il 46,7% riconosce la necessità dell’incident reporting e l’81,3% ritiene di informare i medici.
La riduzione degli errori di terapia e il miglioramento della sicurezza dei pazienti sono aspetti essenziali nelle organizzazioni sanitarie. Il rischio associato a un farmaco riguarda eventi intrinseci (reazioni avverse e effetti collaterali), ed errori di terapia farmacologica non correlati alla molecola. Questi possono verificarsi in una o più fasi del processo terapeutico: prescrizione del farmaco, trascrizione, preparazione, dispensazione, somministrazione e monitoraggio.
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