Storie di Malasanità
Risarcimento per Malasanità: a Bolzano l’azienda sanitaria condannata a risarcire un milione di euro
Risarcimento per Malasanità a Bolzano, un semplice esame alla zona addominale sarebbe bastato per salvare la vita a un’80enne bolzanina sottoposta a un delicato intervento chirurgico. La donna ricoverata all’ospedale di Bolzano, per poi essere ospitata nella casa di cura “Villa Melitta” è l’ennesima vittima di malasanità.
Ad annunciarlo una sentenza della Corte d’Appello di Trento, che ha evidenziando le gravi colpe dei medici e condannando Villa Melitta a un risarcimento di un milione e 100mila euro nei confronti della famiglia assistita.
Cosa ha portato a questo Maxi Risarcimento?
La paziente M.C. viene ricoverata nel reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Bolzano il 15 luglio del 2013, la diagnosi dei medici è di “stenosi lombare”, dopo tale diagnosi la donna viene sottoposta ad un’operazione chirurgica per essere dimessa il successivo 2 Agosto. In tale data la donna viene poi trasferita alla casa di cura “Villa Melitta” al fine di proseguire la degenza con relativa riabilitazione. Ma già nei primi giorni, comincia ad accusare dolori addominali e un forte stato di debolezza. A seguito di tali segnalazioni dell’80enne non viene effettuato nessun approfondimento medico. Questo fino al mattino del 10 agosto 2013 quando, a seguito della visita, l’anziana viene inviata d’urgenza all’ospedale di Bolzano. Qui viene diagnosticata una peritonite acuta diffusa insieme ad una perforazione dell’intestino.
A questo punto la donna viene nuovamente sottoposta ad un intervento di laparotomia, a seguito del quale la paziente viene spostata in Rianimazione, questo fino al 16 agosto, per poi tornare in Chirurgia Generale.
A questo punto la diagnosi diventa di “shock settico per perforazione intestinale, peritonite diffusa, diverticolite del colon”. Successivamente il dramma, la donna dopo due giorni, il 18 agosto 2013, muore.
La determinazione della sentenza
Dalla consulenza del dottor Raniero emerge che l’alterazione dei parametri vitali «unitamente al riferito dolore addominale, avrebbero dovuto mettere in allarme il personale medico di guardia e porre indicazione allo svolgimento di più approfondite indagini».
Sarebbe quindi bastato un semplice esame addominale per salvare la vittima. Anche una semplice palpazione avrebbe portato alla luce la “reazione infiammatoria peritoneale” e avrebbe consentito di intervenire tempestivamente, prima del verificarsi della “compromissione sistemica/shock settico”.
Da qui la Sentenza della Corte d’Appello che stabilisce un’inadempienza del personale medico nella mancata visita di controllo, che avrebbe potuto salvare la donna. La percentuale di mortalità (si legge nella sentenza) sarebbe infatti scesa dal 60-80% al 20-30%».
Il Giudice, inoltre, sottolinea come la cartella clinica fosse poi incompleta, questo per tutelare la condotta per personale medico, proprio l’assenza dell’esame di palpazione addominale all’interno della cartella clinica ha portato il Giudice a tale sentenza.
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