Storie di Malasanità
Omessa diagnosi di setticemia: uomo muore dopo diagnosi di ascesso dentale
Omessa Diagnosi: Francesco Santoro, un uomo di 46 anni di Palermo, è morto a causa di un banale ascesso dentale che non è stato trattato correttamente. La morte, avvenuta il 7 aprile all’ospedale Villa Sofia, è stata causata da una grave setticemia, ultimo stadio di un’infezione iniziata il 22 marzo, quando l’uomo si è presentato al pronto soccorso per un dolore al lato destro della mascella.
Cronaca di una setticemia mortale
Secondo quanto ricostruito anche attraverso il racconto dei familiari, il 17 marzo Francesco Santoro avrebbe fatto la sua prima visita dal medico curante a causa di forti dolori alla mascella, senza però trovare soluzione. Infatti il dolore avrebbe continuato a farsi sentire e dopo cinque giorni, l’uomo si sarebbe rivolto all’ospedale Villa Sofia di Palermo per ulteriori accertamenti e cure. Dopo essere stato visitato da uno specialista in Odontostomatologia, sarebbe stato dimesso con una prescrizione di farmaci. Tuttavia, due giorni dopo, durante una visita non correlata al dolore alla mascella, effettuata presso un centro dialisi, sarebbero stati rilevati valori anomali e una possibile setticemia in corso.
Dopo essere trascorsa una settimana dalla scoperta, Il 24 marzo, Francesco Santoro venne ricoverato in codice giallo, all’ospedale Cervello di Palermo. Qui purtroppo la sua condizione non migliora e anzi, le condizioni dell’uomo si aggravano tanto da dover essere sedato e intubato. Trascorse due settimane di incertezza, di sofferenza e di peggioramento, il 7 aprile, tornato in ricovero all’ospedale Villa Sofia, per Francesco Santoro sopraggiunge il decesso causato, come riportato dalla cartella clinica, dalla setticemia.
Diagnosi differenziale in medicina: principi giurisprudenziali
Pochi sono i sintomi, ma molte le malattie. Questa evenienza è alquanto frequente nell’attività medica. Ci si trova cioè dinnanzi ad un quadro sintomatologico che può essere dovuto a più cause alternative, a più malattie.
In questa evenienza l’individuazione della malattia dovrebbe essere la tappa di arrivo di un percorso intellettuale per esclusione. La malattia viene quindi individuata per via residuale, una volta che le ipotesi alternative sono state eliminate. Eliminazione che avviene sia mediante l’esame diretto sul paziente, la c.d. clinica, sia mediante le indagini strumentali: analisi di laboratorio o immagini diagnostiche. E l’individuazione della malattia altro non è che la diagnosi. Quando si parla di diagnosi differenziale si fa appunto riferimento a questo percorso per esclusione.
Più propriamente si parla quindi non di diagnosi, ma di diagnostica differenziale: il sostantivo “diagnostica” descrive infatti non la tappa di arrivo, ma l’iter, il percorso. L’espressione “diagnosi differenziale” è peraltro quella comunemente usata, sia in medicina che in giurisprudenza.
La colpa per omessa diagnosi differenziale consiste in un mancato approfondimento diagnostico, che preclude di giungere ad una diagnosi corretta, alla quale invece poteva approdarsi.
Il medico è tenuto a valutare se occorra compiere gli approfondimenti diagnostici necessari, per stabilire quale sia l’effettiva patologia che affligge il paziente ed adattare le terapie a queste plurime possibilità; l’esclusione di ulteriori accertamenti può essere giustificata esclusivamente per la raggiunta certezza che una di queste patologie possa essere esclusa.
Fino a quando il dubbio diagnostico non sia stato risolto e non vi sia incompatibilità tra accertamenti diagnostici e trattamenti medico-chirurgici, il medico che si trovi di fronte alla possibilità di diagnosi differenziale non deve accontentarsi del raggiunto convincimento di aver individuato la patologia esistente quando non sia in grado di escludere la patologia alternativa, proseguendo gli accertamenti diagnostici ed i trattamenti necessari.
L’errore diagnostico, dunque, “si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi” (Cass. Pen. Sez. 4, n. 23252 del 21/02/2019; Cass. Pen. Sez. 4, n. 21243 del 18/12/2014).
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