Storie di Malasanità
Cade dalla barella e dopo il coma arriva la morte: malasanità a Milano
Grave caso di malasanità a Milano – Dopo essere arrivato al Fatebenefratelli, venne lasciato, sedato con del Valium, su una barella nel corridoio del pronto soccorso, quindi sotto diretta responsabilità della struttura sanitaria. Doveva essere una collocazione di comodo per pochi minuti prima di essere spostato nel reparto di ricovero. Ad un certo punto, però, da quella barella il quarantenne di Milano cadde. Tale caduta lo condusse, dopo due anni di coma, alla morte.
I fatti risalgono al 12 aprile 2010 quando il paziente venne soccorso presso la Stazione Centrale di Milano da un’autolettiga per un sopravvenuto malore. Come anticipato, venne trasportato al pronto soccorso del Fatebenefratelli e sedato dai sanitari per poi essere lasciato nel corridoio per ore “senza un’adeguata assistenza” dal momento che il paziente soffriva già prima del malore di alcune comorbidità.
Lo stesso personale sanitario responsabile “dell’abbandono” in corsia ha poi trovato l’uomo riverso a terra, privo di sensi e con un grave trauma cranico che richiese immediato intervento in codice rosso con successivo trasferimento in altra struttura.
Il paziente, ricoverato in coma non si riprese mai e nel 2012, dopo due anni e mezzo di sofferenza anche da parte di tutta la famiglia, ne fu dichiarato il decesso. La struttura sanitaria all’interno della quale si verificò la caduta che lo condusse al coma e alla successiva morte, negò allora qualsiasi tipo di responsabilità.
Ma questa storia di malasanità di cui è stato vittima il quarantenne milanese, ha spinto il giudice a condannare l’azienda ospedaliera a 700 mila euro complessivi di risarcimento alla famiglia.
La responsabilità della struttura sanitaria
Le responsabilità negate dalla struttura sanitaria sono state ora definite dai consulenti nominati dal giudice del tribunale di Milano “di solare evidenza” e hanno aggiunto che “si imponeva un’attenta e costante sorveglianza del paziente “. Il tribunale ha accertato la negligenza dei sanitari e dell’ospedale per avere omesso di adottare le cautele adatte per evitare la caduta del paziente, i primi, e il secondo per non aver messo in atto nemmeno quelle strategie minime di prevenzione (specifica formazione del personale, adeguamento degli spazi, informazione del paziente) richieste dalle linee guida già in vigore all’epoca dei fatti.” I dati storico- clinici depongono in maniera univoca sulla sussistenza del nesso causale tra la caduta al Pronto soccorso e il decesso” aggiunge il giudice.
Per i legali della famiglia “si tratta, nostro malgrado, di una vittoria di Pirro, se consideriamo che le condizioni di assistenza in molti dei Pronto soccorso cittadini, e non ci riferiamo certo agli ultimi due anni di emergenza pandemica, non paiono mutate rispetto all’epoca dei fatti”. Una nota dolente è la quantificazione del danno e le lungaggini dei tempi giudiziari: “Se le gravissime lesioni subite fossero state liquidate al paziente ancora in vita, il risarcimento avrebbe superato di gran lunga gli 80 mila euro riconosciuti per il solo danno biologico in sentenza per i 3 anni di coma prima del decesso, valutati in 90 euro al giorno secondo i certamente rivedibili criteri adottati a Milano”.
La Raccomandazione del Governo italiano
In Italia esiste, da parte del Governo, una Raccomandazione per la prevenzione e la gestione della caduta del paziente che si pone come strumento per la prevenzione delle cadute dei pazienti nelle strutture sanitarie e può trovare utile applicazione anche per la compressione del rischio di tale evento e per una appropriata ed efficace gestione del paziente a seguito di caduta, alla luce del fatto che le cadute rientrano tra gli eventi avversi più frequenti nelle strutture sanitarie e possono determinare conseguenze immediate e tardive anche gravi fino a condurre, in alcuni casi, alla morte del paziente. Le persone anziane presentano un maggior rischio di caduta.
Secondo una stima redatta nel suddetto documento, circa il 14% delle cadute in ospedale sia classificabile come accidentale, ovvero possa essere determinato da fattori ambientali (es. scivolamento sul pavimento bagnato), l’8% come imprevedibile, considerate le condizioni fisiche del paziente (es. improvviso disturbo dell’equilibrio), e il 78% rientri tra le cadute prevedibili per fattori di rischio identificabili della persona (es. paziente disorientato, con difficoltà nella deambulazione).
È anche specificato che le cadute sono eventi potenzialmente prevenibili tramite la rilevazione di alcuni elementi, anche attraverso appositi strumenti di lavoro che, congiuntamente ad una irrinunciabile valutazione clinica ed assistenziale globale, consentono agli operatori sanitari di adottare le opportune azioni preventive. E’ quindi fondamentale che operatori, pazienti e familiari/caregiver acquisiscano la consapevolezza del rischio di caduta e collaborino in modo integrato e costante, attento all’applicazione di strategie multifattoriali.
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