In Italia un quinto dei casi di malasanità si manifesta al momento del parto: un momento molto delicato sia per la donna che per il bambino.
A confermarci l’alto numero di errori prenatali e gestazionali sono i rapporti del Tribunale per i Diritti del Malato che ad oggi ci segnala l’area di ostetricia ginecologia come un’area in cui si sviluppano i principali errori terapeutici e diagnostici.
Diversi gli errori medici che si manifestano in questo settore, tra i più gravi:
- morti dei neonati
- mancanza di attrezzature adeguate a far fronte alle emergenze,
- morti delle partorienti per emorragia, ipertensione, edema polmonare,
- Diabete gestazionale,
- Sproporzione cefalo – pelvica,
- Rottura dell’utero.
Il Gruppo Sanititan è in grado di seguire totalmente questi caso, dando un reale supporto alle famiglie vittime di tali errori.
Come possiamo stabilire che si tratta di un errore di malasanità da parto?
Parliamo di malasanità da parto in caso di errata o mancata diagnosi in tutti quei casi in cui il ginecologo, pur disponendo di esami del feto, commette un errore nell’interpretazione degli stessi oppure nel caso non prescriva esami base di routine.
La maggior parte invece di errori medici da parto sono quelli che riguardando il parto cesareo, ma anche quelle manovre inopportune che possono accadere durante il parto ( ad esempio una rottura della clavicola del neonato, l’ipossia del feto, errate manovre di rianimazione, danni dovuti all’uso di forcipe o ventosa).
Sono classificabili come casi di malasanità da parto anche quei casi in cui la vittima non è il feto, ma la madre, come ad esempio i danni dovuti ad un’errata terapia per la fertilità, la mancata diagnosi di un tumore ai genitali della madre, prescrizioni di terapie senza i dovuti controlli errori che portano all’asportazione dell’utero e quindi perdita di possibilità di nuove gravidanze.
Se letto in termini giuridici il risarcimento del danno per malasanità da parto può comporsi di diverse voci:
- innanzitutto possiamo riconoscere un danno patrimoniale dovuto a perdite di tipo economico (eventuali spese di cura del nascituro o della madre)
- poi si deve tenere in considerazione il danno biologico che può seguire un’invalidità permanente o temporanea del nascituro o della partoriente. Si noti bene che questo non va confuso con il danno economico relativo all’impossibilità di svolgere naturalmente le proprie mansioni lavorative.
- in ultimo il danno morale dovuto al trauma, sia per la perdita (eventuale) del neonato o della madre, sia per la situazione di sconforto conseguente.