Storie di Malasanità
Infortunio a 28 anni: muore di malasanità
È il 2009 quando il giovane calciatore umbro muore di malasanità presso la sua abitazione, così velocemente da rendere vano l’intervento della guardia medica o del 118. Il medico omette l’importante diagnosi che, se correttamente affrontata, avrebbe evitato il decesso.
L’infortunio
Il giovane paziente, in seguito ad un infortunio al ginocchio destro, subìto durante una partita di calcio, venne immediatamente ricoverato con la diagnosi di una condizione chiamata “condromalacia del piatto tibiale mediale” del ginocchio destro, oltre a una cisti sinoviale e una plica sinoviale mediopatellare. Il giovane calciatore è stato subito operato con un intervento chirurgico in artroscopia per rimuovere le cisti e, il giorno successivo all’operazione, il 23 gennaio 2009, è stato dimesso. Al momento delle dimissioni, gli sono state prescritte medicine per il dolore, stampelle, applicazioni di ghiaccio, una ginocchiera e ginnastica isometrica.
Scarsa importanza ai sintomi
Il 5 febbraio, il paziente, presentatosi al nosocomio per un controllo post intervento chirurgico, lamentava forti dolori al ginocchio e un gonfiore che si estendeva fino al piede. Tuttavia, secondo la Procura contabile, il medico non ha dato particolare importanza a questi sintomi e non ha prescritto ulteriori esami.
Nonostante il passare dei giorni, la situazione ha continuato a peggiorare mentre il ragazzo ricontattava il medico più volte. Nuovamente, tuttavia, il medico ha attribuito i sintomi a un normale processo di guarigione post-operatoria fino a che il successivo 13 febbraio, la situazione era precipitata al punto che l’intervento della guardia medica e del servizio di emergenza sanitaria è risultato inefficace.
La responsabilità del medico
Secondo la valutazione dei giudici contabili, il medico è stato ritenuto responsabile e si ritiene che un semplice esame, chiamato eco-color-doppler, avrebbe potuto rivelare la presenza di una trombosi venosa profonda. Con una diagnosi corretta, sarebbe stato possibile prescrivere il trattamento adeguato con l’utilizzo dell’eparina e quindi salvare la vita al giovane giocatore.
L’epilogo della vicenda ha portato alla condanna del medico a risarcire l’Azienda ospedaliera per un importo di 869.012,27 euro a causa del danno causato.
Responsabilità della struttura sanitaria
In particolare, l’orientamento ormai diventato pacifico nella giurisprudenza del nostro paese riconosceva (e riconosce tuttora) che i danni derivati da eventi di malpractice medica e in generale da un errato trattamento sanitario, qualora il fatto sia imputabile alla struttura sanitaria – sia essa pubblica o privata – coinvolta nel trattamento stesso, sono inquadrabili all’interno della responsabilità contrattuale.
Tale contratto sorge non soltanto quando le parti stipulano un vero e proprio documento scritto, ma anche a seguito della semplice accettazione del paziente all’interno della struttura sanitaria (si parla in questo caso di una conclusione del contratto sulla base di fatti concludenti). Per quanto riguarda, invece, il suo contenuto, il contratto di spedalità ha ad oggetto l’obbligo della struttura sanitaria di adempiere sia alle prestazioni principali di carattere strettamente sanitario, sia alle prestazioni secondarie ed accessorie, come quelle assistenziali nei confronti del malato o quelle di tipo alberghiero (es. fornire il vitto e l’alloggio necessario al paziente) nel caso in cui esso sia ricoverato presso la struttura, quelle di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico, nonché quelle di apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista del manifestarsi di eventuali complicazioni o emergenze.
In considerazione della sussistenza di un rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura sanitaria, come detto, la responsabilità di quest’ultima, nel caso in cui si configuri un suo inadempimento o comunque un non esatto adempimento delle prestazioni sulla stessa gravante in virtù del suddetto contratto, deve essere inquadrata all’interno della responsabilità contrattuale. La struttura sanitaria, quindi, risponde ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile nel caso in cui non adempia correttamente alle prestazioni sulla medesima gravanti in virtù del suddetto contratto di spedalità. Vi è, inoltre, da rilevare come la struttura sanitaria risponda contrattualmente anche nel caso in cui essa si avvalga di dipendenti o di collaboratori esterni, siano essi esercenti professioni sanitarie (come medici, infermieri eccetera) o personale ausiliario, e siano tali soggetti a porre in essere la condotta che ha determinato l’evento dannoso: in tal caso, la struttura sanitaria risponde ai sensi dell’articolo 1228 del codice civile (il quale stabilisce che il debitore, il quale per adempiere alla propria obbligazione si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di questi ultimi).
Comments are closed