Storie di Malasanità
Malasanità a Vibo Valentia: uomo muore senza cure né spiegazioni
Al Pronto Soccorso di Vibo Valentia il decesso di un uomo di 77 anni ha causato la rabbia della famiglia, lasciata senza informazioni sulla salute dell’uomo, fino alla dichiarazione del decesso. L’uomo lamentava forte dolore ad una gamba, anche gonfia e arrossata. A poche ore dall’accettazione in ospedale, (accompagnato dagli stessi famigliari in assenza di un’ambulanza) è deceduto.
Chiamata al 118: è già malasanità
Era il 14 settembre quando Giuseppe Giuliano, imprenditore di Vibo Valentia, ha iniziato a riportare ai propri familiari sintomi preoccupanti, tra cui brividi, febbre, bassa pressione sanguigna, un gonfiore alla gamba e un profondo senso di stanchezza
Immediatamente è stato chiamato il numero di emergenza medica, il 118, che da subito ha informato i parenti del malato che ci sarebbe stata una lunga attesa, di circa tre ore, causata da altri numerosi interventi in corso. A questo proposito l’avvocato incaricato dalla famiglia ha richiesto la registrazione della chiamata effettuata al 118 per avere una documentazione completa.
La famiglia decide quindi, molto velocemente di trasportare il caro con la propria vettura privata presso il Pronto Soccorso, intorno alle ore 15:00.
Il tragico epilogo
Durante il tempo trascorso in ospedale, i familiari hanno lamentato che nessuna informazione è stata loro fornita fino a quando, intorno alle 19:15, una dottoressa è uscita per comunicare la notizia del decesso di Giuliano. Nel frattempo, i familiari avevano cercato di contattare due volte il loro congiunto, ma senza successo.
Dopo aver ottenuto l’autorizzazione ad entrare nella stanza, i familiari hanno cercato spiegazioni dal medico presente, ma la risposta è stata piuttosto evasiva. Il medico ha detto vagamente: “Sapete bene che vostro marito aveva dei problemi.” Di fronte alle insistenze della moglie, ha continuato a riferire: “Chiedete a Milano,” facendo riferimento, evidentemente, a un precedente intervento chirurgico che Giuliano aveva subito presso l’Ospedale Niguarda.
Inoltre, i familiari hanno notato che il corpo del loro congiunto non era collegato a nessuna flebo o monitoraggio dei parametri vitali, il che li ha ulteriormente preoccupati riguardo alle circostanze del suo decesso.
La nuova responsabilità sanitaria: Legge Gelli
Il 1° aprile 2017 è entrata in vigore la legge 8 marzo 2017, n. 24, più conosciuta come legge “Gelli” o legge “Gelli-Bianco”, dal nome di due tra i parlamentari che hanno presentato il relativo disegno.
Nata con l’intento di innovare la materia della sicurezza in sanità e, soprattutto, della responsabilità professionale medica, la legge non ha quella portata rivoluzionaria che qualche organo di stampa ha voluto attribuirle.
Si tratta, ad ogni modo, di un provvedimento importante, anche se un po’ farraginoso sotto il profilo della tecnica normativa, che ha introdotto significative modifiche nella disciplina – sostanziale e processuale – di quel fenomeno che va sotto il nome di “responsabilità sanitaria“.
I cambiamenti per la figura del medico e, in generale, dell’operatore sanitario, invero parzialmente introdotti già dal d.l. n. 158/2012 (noto anche come decreto “Balduzzi”), e salutati con comprensibile favore dalla classe medica.
La legge Gelli-Bianco ha infatti definitivamente archiviato la teoria del cd. “contatto sociale”, confermando che, nell’esercizio della propria professione, il medico risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, quindi in conformità alle norme sulla responsabilità extracontrattuale (con la conseguenza che l’onere della prova circa la colpa ricade, questa volta, sul paziente danneggiato, e che l’azione risarcitoria si prescrive in cinque anni, e non in dieci anni come accade per la responsabilità della Struttura ospedaliera).
Ciò vale, naturalmente, per i medici del Servizio Sanitario Nazionale che si trovano ad assistere i pazienti nella loro ordinaria attività professionale; è fatto salvo, infatti, il caso del medico che abbia agito nell’adempimento di una obbligazione contrattuale specificamente assunta con il paziente, sia se esercente la libera professione, sia se medico dipendente che eserciti in regime “intramurario” (intra moenia) o “extramurario” (extra moenia); in tal caso, essendo intercorso un vero e proprio contratto tra medico e paziente, la responsabilità tornerà ad avere natura – per l’appunto – contrattuale.
Altra variazione a beneficio del personale sanitario è costituita dall’introduzione di una serie di limiti all’azione di regresso (o di “rivalsa”) nei confronti del medico, che può essere esercitata dalla Struttura solo in caso di dolo o colpa grave, peraltro con la previsione di un “tetto” alla responsabilità dell’operatore pari al triplo della sua retribuzione lorda annua.
Giova peraltro precisare che incombe sulla Struttura l’onere di provare la responsabilità esclusiva del Medico, qualora la prima – esercitando l’azione di regresso – intenda sostenere che il danno sia interamente imputabile a colpa del secondo piuttosto che a proprie carenze tecnico-organizzative.
Inoltre, come hanno precisato le ccdd. Sentenze di San Martino bis, tra Medico e Struttura l’obbligo di risarcimento si divide in pari quota, salvo che la Struttura provi rigorosamente una grave, straordinaria ed imprevedibile malpractice del Medico.
Infine, la legge Gelli-Bianco ha introdotto nel codice penale (con l’art. 590 sexies) una disciplina ad hoc per i reati di omicidio e lesioni personali commessi nell’esercizio della professione sanitaria, relativamente a cui si segnala – in particolare – l’esclusione della punibilità del medico che abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida vigenti o dalle buone pratiche clinico-assistenziali, pur se abbia compiuto un errore esecutivo per imperizia.
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