Storie di Malasanità
Malasanità Neonatale: la mamma coraggio ne scrive un libro
Quando si parla di malasanità neonatale si prova sempre tanta amarezza, perché non c’è nulla di più struggente del sapere che uno dei momenti più belli della vita possa trasformarsi in un incubo.
Katia Garzotto, mamma coraggio, nel suo libro parla della mancanza di una rete di sostegno e protezione del paziente, oltre all’assenza di sensibilità che l’ha portata a porsi un interrogativo:
“se si fosse agito nel modo giusto, la sua bimba oggi sarebbe viva?”
Il libro si chiama Oltre l’impossibile e racconta di quello che Katia e il marito hanno dovuto affrontare per salvare la vita della loro piccola Aurora, nata con una malformazione congenita, completamente ignorata dai medici.
Una storia davvero molto dura, per molti difficile da ascoltare, storie che noi ci troviamo in realtà ad affrontare in modo quasi quotidiano. Una storia che non ha un lieto fine, ma che può dare forza a tutti coloro che stanno combattendo battaglie simili.
Denunciare e informare sono state le motivazioni che hanno spinto questa mamma coraggio a mettere sotto forma scritta tutto il dolore che in questi anni la famiglia ha dovuto affrontare.
Come affrontare i casi in cui la malasanità colpisce i più piccoli?
Vogliamo raccontarvi la storia di Katia perché è emblema di un problema grave, quel tipo di problemi che si pensa non ci possano mai toccare personalmente. La storia di Katia è quella di tante coppie, invece.
La donna dopo il matrimonio cerca di avere un figlio con il marito, ma non tutto funziona come sperato, ci vogliono 5 anni di tentativi prima che la donna rimanga incinta. Ovviamente per tutti è una gioia immensa, il coronamento di un sogno.
Questa storia non ha però un lieto fine, come sappiamo, durante la nona settimana di gravidanza Katia ha una grave emorragia, con minaccia di aborto. Viene quindi effettuata un’ecografia d’urgenza dalla quale si vede un importante distacco della placenta, ma c’è una buona notizia, la più importante: il feto sta bene. Viene poi eseguito un ulteriore esame diagnostico detto flussimetria, per accertare il benessere del feto e la funzionalità della placenta. Per effettuare tale esame Katia si reca in uno dei centri più rinomati della capitale, ad accoglierla una giovane dottoressa. Nel corso dell’esame la dottoressa nota qualcosa di strano e contatta un medico più anziano per chiedere un consulto. Katia sente le parole della dottoressa “Non mi convince la circonferenza del cranio”, ma il medico con fare superficiale, dice è tutto ok e si rivolge alla donna dicendole di mangiare di più perché il feto è ancora troppo piccolo.
La giovane dottoressa resta interdetta, comunque il tutto viene lasciato correre. Ma è nel corso del parto che accade la cosa più grave, il ginecologo che l’aveva seguita fino a quel momento è assente, la donna non sente le contrazioni e già nelle ultime settimane Katia avvertiva assenza di movimenti nel grembo. A questo punto i dottori si rendono conto che era grave il fatto che non ci fossero le contrazioni, e decidono gli indurgliele attraverso alcuni farmaci.
Decidono di attaccarla al monitor fetale, ma viene abbandonata a sè stessa e ignorata dai medici, solo un’ostetrica che si accorge della sofferenza fetale in corso, ma i dottori la tranquillizzano e le dicono che va tutto bene.
Dopo l’ennesima stimolazione non partita gliela inducono con un altro metodo, quello della fettuccia, e ad effettuare quest’operazione è un’ostetrica nota, nel reparto, per i suoi metodi decisamente poco di tatto.
Ciò che lascia basiti è che l’infermiera con una incredibile delicatezza risponde: “Mentre lo concepivi però non gridavi no?!”.
Ma non è finita qui: la sanitaria dice alla donna di fargliela bastare questa induzione di gravidanza, perché quello della fettuccia è un metodo costoso e lei ha fatto già sprecare fin troppi soldi con le precedenti 5 induzioni di gravidanza, e riporta persino il costo di ciascuna.
Alla fine di questo calvario calvario Katia viene lasciata 15 ore sulla sedia a rotelle per mancanza di posti letto, fino a quando arriva, al cambio turno, un’infermiera gentile che la fa accomodare sul lettino e si rende conto che le contrazioni di Katia erano talmente forti che doveva recarsi in sala parto d’urgenza.
L’infermiera lo riferisce al medico che, di tutta risposta, afferma: “Non possiamo aspettare un po’ che sto per staccare?!”.
Incuria, indelicatezza e disinteresse sono gli atteggiamenti subiti da Katia, che si è ritrovata, prima e dopo la nascita della figlia, a lottare sola con il marito contro un sistema sanitario che non ha minimamente avuto le accortezze che un caso come il suo richiedeva.
Alla fine la piccola Aurora viene alla luce, ma le viene subito tolta per i successivi cinque giorni per essere monitorata.
Nasce, infatti, con una malformazione laterale su tutto il corpo, senza un orecchio, con un occhio chiuso e naso e bocca completamente aperti a causa di una labiopalatoschisi.
La piccola verrà dimessa solo dopo 5 mesi ed è in quel momento che iniziano le crisi respiratorie causate dalla mancanza del cervelletto e una condizione nota come Mega cisterna magna, una malformazione rara.
Lottano tutti per far sopravvivere la piccola Aurora, vittima di un altro episodio di malasanità. A causa delle crisi respiratorie viene intubata d’urgenza, ma in modo scorretto.
Ad accorgersene, però, non sono i medici ma Katia, quando vede la bimba gonfiarsi e avere le convulsioni. Presa dalla rabbia e dalla risperazione mamma Katia interviene da sola, e riesce a salvare la figlia togliendole da sola tutta l’intubazione e tornando a farla respirare.
E’ in quel periodo che la risonanza magnetica dà come risultato un quadro a dir poco terribile: Aurora non sarebbe sopravvissuta più di 7 mesi.
Aurora, una piccola guerriera, forte come la mamma e il papà, ha lottato alla fine per 13 mesi grazie al supporto che i suoi coraggiosi genitori le hanno dato per permetterle di vivere più a lungo possibile.
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