Storie di Malasanità
Medico di base risarcisce paziente per ritardo nella diagnosi di sclerosi multipla
Finalmente giustizia per il ritardo nella diagnosi. I fatti risalenti al 2012 vedono coinvolta una giovane donna che aveva 25 anni all’epoca e che, recatasi dal suo medico di base, dichiarava di provare una strana e forte mancanza di sensibilità al lato sinistro del corpo. In quell’occasione il medico non aveva considerato la necessità di prescrivere visite neurologiche o specialistiche più approfondite ritenendo l’episodio addirittura di “dubbia simulazione” e quindi inopportuna qualsiasi altro tipo di analisi.
Chiaramente i sintomi della paziente non sono spariti e la diagnosi di sclerosi multipla è arrivata con 28 mesi di ritardo, nel 2014. Ad oggi la donna ha 35 anni ed è invalida all’80% una condizione che avrebbe potuto vivere solo tra una ventina di anni, se la malattia le fosse stata diagnosticata in tempo e non in ritardo, come invece avvenuto.
Il danno riconosciuto
Secondo il giudice che ha seguito il processo, la noncuranza e la poca professionalità del medico di base hanno comportato non solo “una perdita di chance da lesione al diritto alla salute”, ma un danno certo, consistente in una “anticipata perdita delle condizioni psicofisiche di cui la paziente avrebbe potuto godere per un certo intervallo temporale con l’effetto di rallentare i tempi di progressivo naturale avanzare della patologia”.
Infatti il tempo trascorso tra la prima visita e la diagnosi acclarata, che ricordiamo ammonta a 28 mesi, ha allontanato la paziente dalla possibilità di accedere alle cure, con la conseguenza che quella invalidità, che sarebbe rimasta al 15% per almeno dieci anni, è invece arrivata in breve tempo all’80%. Quindi una mancata correttezza della diagnosi nei tempi giusti ha anticipato un peggioramento della qualità della vita. Secondo i giudici il peggioramento odierno, ovvero carrozzina e assistenza continua obbligata, e l’alto grado di invalidità patiti già a partire dal 2016-2018, si sarebbero prodotti sì inesorabilmente, a causa del tipo di malattia, ma ben 20 anni dopo.;
Il punto più significativo della sentenza è proprio questa “anticipazione di una peggiore qualità della vita”.
Come reso noto dal legale che ha assistito la paziente, la vittima ha così commentato:“La mia sola speranza è che casi come il mio possano uno dopo l’altro non far perire mai la scintilla del dubbio in qualunque persona si fregi del titolo di dottore. Il dubbio è umano, e se nell’esercitare la nostra professione, qualunque essa sia, cominciamo a trascurarlo, beh quella non può più dirsi una professione di cura”.
Sclerosi multipla: diagnosi difficile?
Ad oggi non vi è un singolo test in grado di confermare in modo certo e indiscutibile la diagnosi di sclerosi multipla (SM). La diagnosi viene formulata dal medico sulla base di tre elementi: i sintomi riferiti dal paziente, l’esame neurologico e le analisi strumentali (risonanza magnetica – potenziali evocati) e biologiche (sangue e liquido cerebrospinale).
L’insieme dei risultati e un’osservazione clinica prolungata permettono di confermare o escludere la presenza della SM. Con l’obiettivo di velocizzare la diagnosi della SM senza comprometterne l’accuratezza, sono stati stilati da un gruppo internazionale di neurologi i criteri diagnostici di riferimento, aggiornati periodicamente in base al progredire delle conoscenze scientifiche. Gli esami strumentali hanno un ruolo fondamentale nel generare la diagnosi di SM, anche se non possiedono, in quanto tali, un valore definitivo. Di conseguenza i risultati devono essere interpretati insieme con la storia clinica e l’esito della visita neurologica.
La diagnosi definita di sclerosi multipla poteva arrivare anche dopo anni dalla comparsa dei sintomi iniziali della sclerosi multipla stessa.
L’evoluzione della risonanza magnetica ha reso più sensibile la rilevazione delle lesioni legate alla sclerosi multipla.
D’altra parte, negli ultimi 25 anni sono state approvate diverse terapie in grado di rallentare la progressione della malattia.
L’esame fondamentale che va prescritto dal medico di base quando insorge il dubbio di possibile SM è quello neurologico: L’esame neurologico inizia già con l’osservazione della persona già da quando entra nella stanza e continua durante il colloquio. Nel corso della visita neurologica vengono raccolte diverse informazioni utili per un’ipotesi preliminare riguardanti il problema.
Il neurologo valuta quali prove effettuare in base ai motivi della visita, ai disturbi presenti, alla storia clinica e alle informazioni raccolte con la persona stessa. Non sempre vengono effettuati tutti gli esami riportati di seguito: se la persona è vigile e segnala formicolii agli arti, ad esempio, non sarà necessario effettuare prove sulle funzioni nervose superiori.
Se nel corso della visita emergono deficit specifici, potranno essere richiesti ulteriori approfondimenti ed esami.
È quindi fondamentale un’analisi accurata e non superficiale, un’attenzione particolare da parte del medico affinché i sintomi vengano valutati e riconosciuti quanto prima.
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