Storie di Malasanità
Omissioni mediche: muore d’infarto, maxi risarcimento ai familiari
Risarcimento da 800 mila euro per i familiari di un paziente morto per infarto conseguente ad intervento di gastrectomia totale. I medici avevano omesso di studiare accuratamente i dati del paziente sia prima di operarlo che dopo; in particolare, gli esami che evidenziavano gravi problematiche cardiache da cui è derivato il decesso.
L’iter ospedaliero e le omissioni mediche
Il paziente, allora cinquantasettenne, a luglio del 2013 si reca alla casa di cura presso quale svolgerà esami relativi al disturbo che presentava ai medici, un dolore epigastrico postprandiale. In seguito agli esami gli viene eseguita una gastroscopia con relative biopsie che evidenziavano un carcinoma e in seguito ad ulteriori accertamenti si scoprono anche una significativa tachicardia e poi una bradicardia, indici di sofferenza ischemica e cardiaca.
Qualche giorno dopo viene sottoposto ad intervento chirurgico di gastrectomia totale per poi essere ricoverato in terapia intensiva.
Due giorni dopo l’intervento, l’uomo rimane vittima di un arresto cardiorespiratorio.
L’infarto poteva essere evitato
Il personale medico della struttura in questione, dopo l’intervento chirurgico, ha trascurato il necessario monitoraggio del paziente e ha ignorato l’esecuzione di esami più specifici, nonostante i risultati degli elettrocardiogrammi effettuati nella fase preoperatoria indicassero una sofferenza ischemica e cardiaca. Il paziente, anche dopo essere stato ricoverato in terapia intensiva, non ha ricevuto una prestazione medica adeguata che avrebbe potuto salvarlo, poiché anche in quel reparto il personale medico non ha attuato un percorso diagnostico-terapeutico valido per evitare il decesso. Di conseguenza, la prestazione inadeguata ha compromesso le possibilità di sopravvivenza e guarigione, portando al decesso del paziente.
Il maxi risarcimento
Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto ai pazienti il danno per la perdita anticipata del rapporto parentale, cioè una perdita che dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto consistente allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare.
L’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano ha ritenuto di aggiornare nel 2022 i criteri orientativi già elaborati per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla perdita di rapporto parentale a seguito dell’orientamento recentemente espresso dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 10579/2021, secondo la cui massima: “in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punti, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella.
Tenuto conto delle tabelle milanesi, il Tribunale di Napoli riconosce a favore della vedova la somma complessiva di €. 205.265,00, in favore della figlia non convivente la somma complessiva di €. 164.885,00, in favore del figlio non convivente la somma complessiva di €. 171.615,00 e in favore di altra figlia convivente la somma complessiva di €. 232.185,00.
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