Storie di Malasanità
Trombo-embolia polmonare non diagnosticata dai sanitari: muore a 17 anni
Sono cinque i medici condannati per la morte della 17enne Myriam Battaglia, la giovane ragazza deceduta al Cimino di Termini Imerese, dopo un ricovero di 24 ore e un intervento chirurgico completamente inutile, per una trombo-embolia polmonare non diagnosticata.
Myriam Battaglia, studentessa che il giorno prima era stata insieme agli amici per la classica scampagnata di Pasquetta, era arrivata al pronto soccorso dell’ospedale con una trombo-embolia polmonare mai diagnosticata. Avrebbe cominciato a sentire i primi dolori il giorno seguente alla gita con gli amici, un malessere generale accompagnato da dolori di pancia, nulla di troppo allarmante inizialmente ma che ha portato ad una precipitazione molto veloce delle sue condizioni di salute. I dolori persistenti e il crescente malessere generale hanno convinto la ragazza a farsi accompagnare d’urgenza al pronto soccorso.
Una volta accettata in pronto soccorso venne fatta attendere con un codice giallo e al momento della visita i medici riuscirono a constatare un avvelenamento non meglio specificato.
La morte in ospedale
Myriam è morta nel reparto di Rianimazione il giorno successivo: a compromettere irreparabilmente il suo stato di salute sono state “una mancata valutazione elettrocardiografica ed un intervento da non eseguire”, secondo la perizia medico legale richiesta dalla Procura termitana, per la quale inizialmente furono indagati dieci medici.
Non sono stati presi in considerazione nemmeno gli eventi antecedenti al malore della studentessa che aveva da poco iniziato a prendere la pillola pa causa del ciclo irregolare e particolarmente doloroso, dalla quale non solo avrebbe ottenuto alcun sollievo ma avrebbe iniziato a soffrire di emicrania e persino a vomitare durante il ciclo. Il primo medico a visitarla in pronto soccorso, nonostante il quadro clinico avrebbe indicato una sofferenza cardiaca e respiratoria, ma avrebbe omesso di richiedere una Tac cardio-toracico-polmonare ed anche una consulenza ginecologica. A questo primo medico ne sarebbe poi subentrato un secondo, che a sua volta avrebbe omesso di compiere indagini cliniche accurate (pur avendo richiesto una consulenza ginecologica mai eseguita) ed in particolare non procedendo ad una Tac con mezzo di contrasto. I medici avevano poi deciso di operare la ragazza all’addome e l’intervento era stato eseguito da Casimo, chirurgo della Medicina generale, La Rocca, ginecologo ed aiuto chirurgo, nonché dall’anestesista Romano nel reparto di ginecologia ed ostetricia. Per l’accusa, e i giudici hanno accolto questa ricostruzione, i medici avrebbero effettuato “erroneamente la laparotomia, non risolutiva e non necessaria”.
La perizia del Tribunale di Termini Imerese ha concluso che “gli accertamenti medico legali hanno consentito di rilevare che il decesso è riconducibile ad un arresto cardio-respiratorio per disfunzione multi organo conseguente a trombo embolia polmonare in soggetto sottoposto a trattamento estro-progestinico. L’inadeguato inquadramento diagnostico del caso ne ha compromesso l’esito. In particolar modo, una corretta e completa valutazione elettrocardiografica, che venne a mancare, avrebbe potuto indicare un iter diagnostico differente da quello adottato. Ciò, verosimilmente, avrebbe consentito di rilevare l’esistenza di una trombo embolia polmonare si da indurre alla somministrazione di adeguata terapia trombolitica”.
Malpractice e morti prevenibili in italia
Le uniche informazioni disponibili sulla realtà italiana fanno riferimento alla indagine svolta da Cittadinanza Attiva. Si tratta di una ricerca che ha utilizzato le segnalazioni di eventi provenienti dalla sala operativa centrale e dalla rete sul territorio.
Riguardo ai sospetti errori di diagnosi e di terapia, la ricerca ha evidenziato alcune caratteristiche comuni:
- tendenza alla ripetitività degli errori segnalati all’interno di una stessa area di riferimento;
- omogeneità dei dati per provenienza geografica;
- una lieve prevalenza dei dati relativi ad errori sospetti commessi nei piccoli ospedali o negli ambulatori privati situati in piccoli centri.
Le prime quattro aree di provenienza delle segnalazioni sono:
- Ortopedia e traumatologia (16,5%)
- Oncologia (13%)
- Ostetrica e ginecologia (10,8%)
- Chirurgia generale (10,6%)
Nel complesso raggruppano più del 50% del totale delle segnalazioni.
In base alla tipologia, gli errori possono essere suddivisi in:
- Ritardo nella diagnosi (22,5%)
- Interpretazione errata di test o indagini strumentali (53,2%)
- Uso di test diagnostici non appropriati (5,2%)
- Errori vari (19,1%)
In ambito epidemiologico gli unici dati italiani che possono fornire un’idea parziale della situazione, sebbene non riconducibile direttamente alle malpractice, sono quelli sulle morti prevenibili, pubblicati di recente nell’Atlante della Sanità Italiana (Atlante della sanità, 2002). Nel 1995 sono stati calcolati 85 mila morti evitabili se fossero stati realizzati interventi di prevenzione primaria, diagnosi precoce e terapia e igiene ed assistenza sanitaria. Tale numero si è ridotto ad 80 mila nel 1997.
Per gruppi di malattie dal 1995 al 1997 si sono ridotti del 8,2% i casi letali evitabili di malattie legate al sistema cardiocircolatorio e del 5,4% quelle legate a tumori.
Alla luce di questi dati anche in Italia sono state promosse in questi ultimi due anni varie iniziative per il livello delle cure e messi a punto sistemi di gestione del rischio sanitario.
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